Tempo di lettura:
8h 24m
Editore: Mondadori
Anno: 1994
Lingua: Italiano
Rilegatura: Non inserito
Pagine: 252 Pagine
Isbn 10: 8804394277
Isbn 13: 9788804394273
Questo libro è stato dedicato «ai popoli del subcontinente indiano. Affinché la religione si chiami umanesimo». È stato scritto da una donna nata in Bangladesh; è stato vietato dal governo perché accusato di «fomentare sommosse» e ha costretto all’esilio la sua autrice inseguita da una fatwa con tanto di taglia emessa dalle autorità integraliste islamiche. Come racconta lei stessa nella premessa, «nelle strade di Dacca si sono svolte marce in cui veniva invocata la mia morte».
Il romanzo è ambientato nei tredici giorni successivi al 6 dicembre 1992, data in cui un gruppo di fanatici indù distrusse la moschea di Babri Masjid ad Ayodhya, in India, causando spaventosi ritorsioni in Bangladesh, dove la popolazione islamica è maggioritaria. Protagonista del libro è la famiglia Dutta, di origine indù, ma aliena da pratiche religiose e impegnata politicamente. Ciononostante si trova inevitabilmente sopraffatta dalla logica del fondamentalismo, che non prescrive né il rispetto reciproco né la possibilità di mutare un’appartenenza non voluta: «un gatto non ha identità etnica. Solo gli esseri umani si dividono in comunità e razze diverse, solo gli uomini hanno templi e moschee».
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