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Il paese di Dio (0)

Percival Everett

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Letteratura: storia e critica

Editore: Nutrimenti

Anno: 2010

Lingua: Italiano

Rilegatura: Brossura

Pagine: 200 Pagine

Isbn 10: 886594000X

Isbn 13: 9788865940006

1871, caro vecchio e selvaggio West, nell’aria rimbomba ancora l’eco della Guerra di secessione; il Civil Rights Act sarebbe arrivato quattro anni dopo ma se ne sente già l’incedere. Curt Marder guarda attonito e impotente un drappello di farabutti vestiti da indiani bruciare il suo ranch, ammazzargli il cane e rapirgli la moglie. Potrebbe intervenire, sparare – la sua mano tentenna – ma decide di non farlo. Guarda la scena dall’alto, assiste alla sua vita andare in fumo. Marder è codardo, razzista, avido, imbroglione, un voltagabbana, uno di cui è bene non fidarsi. Anche perché è un disertore e a star con lui si rischia di finire sulla forca.
Mosso più dall’istinto che dalla rabbia, Marder decide di ingaggiare Bubba, il miglior braccatore del circondario nel tentativo di ritrovare quella parte di sé che sembra perduta e che vuole far coincidere con la moglie. La caccia ai finti indiani si trasforma, come nella migliore tradizione everettiana, in un’odissea donchisciottesca, e sembra davvero di stare di fronte al teleschermo: risse nei saloon, duelli, occhiatacce, silenzi troppo lunghi, gli indiani che sfottono i cowboy dicendo loro “augh”, una rapina e perfino un’allusione alla parabola del buon samaritano. Scorrono fiumi di whisky, ma questo si sa.
Marder e Bubba sono affiancati da Jake, un adolescente scontroso dai modi troppo aggraziati – “hai notato che quel ragazzino non piscia mai davanti a noi?” – i cui genitori sono stati uccisi dalla stessa banda di delinquenti. Il trio – sembrano i tre moschettieri dopo una litigata – ha a che fare con una carrellata di personaggi sgangherati: un prete che contrabbanda alcol, Loretta – una baldracca piuttosto esosa –, indiani veri, un ebreo baro di professione, soldati ancora assetati di guerra, un imbellettato generale Custer con una vestaglietta poco virile che mangia carne cruda e annuncia il Proclama di emasculazione.
Come in Ferito Everett lavora sul rovesciamento dei cliché del western per ottenere un effetto parossistico. La sua attenzione è concentrata sul peccato originale: l’identità dei neri e degli indiani d’America prevaricati dai coloni, la radice dell’odio e dell’intolleranza. E alla fine, finisce anche il tempo delle parole. Prevale la consapevolezza che il dio del West è un dio prêt-à-porter, un Dio “insopportabilmente crudele in cui credere”.

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